La consulenza filosofica nasce in Italia nel 2000, importando nel nostro paese la Philosophische Praxis, attività professionale iniziata in Germania dal filosofo Gerd Achenbach nel 1981 con due intenti specifici: rivalutare il potere del pensiero e costituire una alternativa alla professioni d’aiuto di ambito psicologico e terapeutico.
La consulenza filosofica non è perciò una professione d’aiuto, bensì un servizio volto a esaminare criticamente il modo in cui pensa il mondo chi si rivolge al professionista, facendo emergere i presupposti di significato e di valore, spesso impliciti, che sono alla base di comportamenti, azioni, scelte e reazioni.
La consulenza filosofica non fa uso di strumenti terapeutici o psicologici: il suo approccio è interamente filosofico e pertanto impiega solo competenze logiche, argomentative, storiche, conoscitive.
Il filosofo consulente non fa diagnosi, non solo perché non ha la competenza per farle, ma soprattutto perché non cura: il suo oggetto è il pensiero dell’ospite (e ogni uomo pensa, indipendentemente dal suo stato di salute), il suo obiettivo comprendere e far comprendere quel pensiero.
È quindi della massima importanza distinguere la consulenza filosofica da attività in qualche modo affini ma che, diversamente da essa, intendono fondere filosofia e psicologia, pensiero e sfera affettivo-emozionale.
In primo luogo la consulenza filosofica va distinta dal counseling filosofico, che fa esplicito affidamento su strumenti psicologici (per esempio ascolto attivo, empatia, prossemica, strategie comunicative, ecc.) e su approcci d’aiuto o in qualche senso psicoterapeutici (per esempio il counseling rogersiano, la sistemica relazionale o qualche tipo di concezione antropo-psicologica dell’uomo). Diversamente che per il counseling filosofico, per la consulenza filosofica centrale non “il cliente” o la persona, bensì il discorso che questi e il filosofo elaborano e che è quanto l’ospite porterà con sé come “prodotto” del lavoro svolto.
Ancor più importante è distinguere la consulenza filosofica da ogni tipo di professione d’aiuto di ambito psicologico o terapeutico: essa nasce infatti proprio per essere una alternativa ad esse, non necessariamente esclusiva, anzi, idealmente integrabile con approcci diversi svolti da altri professionisti. Il suo fondatore, Achenbach, ha sempre sostenuto l’importanza di avere una rosa di professionisti a cui indirizzare chi mostrasse di aver bisogno anche di un lavoro diverso da quello filosofico, mentre una delle sperimentazioni più importanti svolte in Italia, quella del “filosofo nei centri di salute mentale”, ha evidenziato come l’approccio filosofico sia un arricchimento del complesso lavoro da svolgere in quel settore, in affiancamento di psichiatri, psicologi ed educatori.
Nel corso dei vent’anni di vita della consulenza filosofica purtroppo queste distinzioni si sono confuse, per responsabilità di chi ha diffuso informazioni senza la dovuta competenza, e anche di chi, come purtroppo spesso succede, ha tentato di rivendersi con nomi nuovi continuando però a praticare attività diverse. Ma l’attenta lettura della letteratura originaria e fondativa della pratica evidenzia senza alcuna ombra la sua identità e la sua diversità da altre professioni.